da Repubblica.it – Intervista con l’economista francese che ha sottoscritto il manifesto di appoggio al neo-premier greco in questi giorni a Roma. “Era ora che qualcuno mettesse in discussione con forza l’austerità che sta aggravando la recessione”
«Finalmente dall’ Europa cominciano ad arrivare buone notizie.Negli ultimi giorni ne sono arrivate due, entrambe importantissime: l’ annuncio del quantitative easing della Bce e la vittoria di Syriza alle elezioni greche. Vogliono dire che qualcosa sta finalmente cambiando nell’ eurozona». Jean-Paul Fitoussi, uno dei più prestigiosi economisti europei, guru di quella culla del pensiero economico liberal che è l’ università parigina di SciencesPo e da qualche anno anche docente a contratto alla Luiss di Roma, non nasconde il suo entusiasmo. «Salutiamo con gioia la decisione del popolo greco di eleggere un governo impegnato in un fondamentale cambiamento della politica europea»,
Si legge in un manifesto che Fitoussi ha sottoscritto con diversi altri economisti globali di chiara marca socialista. Fra questi, James Galbraith, figlio del consigliere economico di John Kennedy ma soprattutto collega di università (nel Texas) di Yanis Varoufakis, il ministro delle Finanze di Tsipras con il quale ha scritto un libro sulle correzioni alla politica dell’ euro. Nel libro di Varoufakis e Galbraith, è scritto chiaramente quello che il governo Tsipras vuole imporre: «Basta con l’ austerity e con la politica conservatrice che sta distruggendo il tessuto sociale dell’ Europa». Un’ affermazione che Fitoussi condivide in pieno.
Professor Fitoussi, perché tanta gioia? Non sarà pericolosa questa voglia di avventurismo del nuovo governo greco, il fatto che il loro modello è Che Guevara?
«Macché. Come avete visto dai primi incontri ad Atene con il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, di giovedì scorso, e il giorno dopo con il capo dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, si tratta di persone molto ragionanti. Credetemi: finora gli unici pericoli per l’ Europa li hanno dati la Merkel e i suoi epigoni. Ma lo sa che il reddito dei greci è sceso del 40% dall’ inizio della crisi, che non c’ è più copertura a malattie che non esistevano da 70 anni? Che la gente è alla fame, il tasso di suicidi aumenta, metà dei giovani sono senza lavoro? Come membri della Progressive Economy Initiative abbiamo preparato un rapporto chiamato Call for Change in occasione delle elezioni europee del 2014 in cui anticipavamo i principi e i programmi di Syriza. Somministrare dosi massicce di austerity a un malato grave equivale ad ucciderlo. Cosa volevano aspettare, i governi e la commissione europea, per capire che è ora di cambiare? Una rivoluzione per le strade di Atene? Sangue e forconi per le capitali europee?
Dobbiamo ritenerci fortunati se il cambiamento è arrivato per la via migliore, quella di libere e democratiche elezioni. E che la politica si riprende finalmente il suo ruolo. I tecnici devo fare quello che dicono i politici, non il contrario. Italia, Francia e gli altri devono prendere esempio».
Le sembra verosimile quest’ accordo segreto di cui si parla in base al quale già da un paio di mesi sarebbe stato ristrutturato il debito greco rendendolo più sopportabile?
«Non tanto. Mi sembra una ricostruzione un po’ strana, sarebbe una strada obliqua e del tutto irrituale. Intendiamoci: gli accordi sono fin dall’ inizio soggetti a una rinegoziazione continua, era già previsto che le scadenze potessero allungarsi così come i tassi scendere in accordo con le condizioni di mercato, tutto
questo almeno per la parte di competenza degli Stati perché le condizioni con Bce e Fmi sono difficilmente negoziabili. Ma questo Tsipras lo sa benissimo. Quello che chiede è una misura molto più massiccia di riscadenzamento dei debiti e di revisione dei tassi, che è ben altra cosa».
I tempi stringono, il 28 febbraio scade il programma dell’ Efsf, il fondo europeo di soccorso. Ce la faranno a negoziare in così breve tempo, considerando che nel frattempo la Grecia deve anche eleggere il Presidente della Repubblica?
«Non è una data vincolante. Esistono meccanismi tecnici già accertati per poterla rinviare almeno all’ estate. E anche per garantire, il che è decisivo, l’ accesso della Grecia al quantitative easing .
Vorrei rivolgere un appello alla Bce, alla Commissione Ue, all’Fmi, perché non boicottino Tsipras ma anzi diano al suo Paese lo spazio vitale necessario perché questo possa dimostrare che un’ altra via è possibile, non quella dell’ austerity a tutti i costi ma quella dell’ espansione, dello sviluppo, certo anche del rigore del bilancio ma non inteso come solo sacrifici ma semplicemente trasparenza, taglio delle spese inutili, lotta all’ evasione fiscale. L’ importante è considerare Tsipras un interlocutore affidabile e un partner attivo. Le istituzioni stesse, oltre ai
governi europei, devono rigettare le minacce e i tentativi di intimidazione rivolti alla Grecia e ai suoi nuovi leader».
Un nodo che è emerso nei primi giorni di Tsipras è la destinazione dei fondi prestati a profusione dall’ Europa: sono andati ai cittadini greci o alle banche internazionali?
«La questione è posta male. È vero, dei 240 miliardi molti sono andati alle banche francesi e
tedesche. Ma era necessario perché queste non interrompessero le linee di credito con le banche greche, e quindi di fatto non lasciassero alla fame i cittadini».