Per capire bene in quali condizioni versa attualmente l’intero sistema bancario italiano, non possiamo esimerci dal fare una breve cronistoria degli accadimenti degli ultimi anni.
Almeno sino alla fine degli anni ‘90, “fare” banca è stato relativamente semplice: con i livelli dei tassi di interesse di quel tempo, si trattava semplicemente di prestare il denaro al doppio del tasso che si pagava. Il giochetto, complice un’economia in espansione ed il boom edilizio, era abbastanza semplice ed assicurava utili costanti e bilanci gonfi. Di certo nessuno, parlando di banche, osava pronunciare la parola “fallimento”.
Tutto cambia poi velocemente quando la rivoluzione tecnologica ed internet permettono lo spostamento di capitali con un clik, ed i tassi di interessi iniziano la loro graduale ma inarrestabile discesa. A quel punto il core business della banche diventa la “finanza”, che attraverso il gioco meramente speculativo permette utili ancor più stratosferici grazie anche al massiccio ricorso ad ambigui strumenti finanziari come quelli dei derivati.
Nel frattempo sul panorama internazionale, nel 1999, il presidente americano Clinton abolisce il Glass Steagall Act permettendo così la nefasta riunificazione tra banca commerciale (raccolta ed impieghi sul e per il sistema produttivo) e banca d’affari (speculazioni e trading di borsa).
In Italia, la legge Amato del 1990 dispiega i suoi effetti: le banche diventano per la maggior parte SPA, alcune si quotano in borsa e si compie la trasformazione in “banche universali” nelle quali la gestione del credito diventa sempre più residuale a favore della distribuzione di prodotti finanziari considerati ad alto valore aggiunto.
In quegli anni nascono i primi grandi gruppi italiani (Unicredit, Intesasanpaolo ecc.). Con essi, anche negli sportelli delle banche italiane, “compaiono” i primi segnali delle strategie di marketing e delle pressioni commerciali più o meno indiscriminate.
Questo nuovo sistema si gonfia sino ad esplodere in modo rovinoso nel 2008, quando la crisi del sistema finanziario internazionale fa temere il crollo dell’intero sistema bancario mondiale. In Europa l’intervento dei governi, realizzato tutto con soldi pubblici (si stimano 2000 miliardi di euro) evita il peggio. L’Italia sembra resistere meglio di altri paesi, solo MPS utilizza il salvataggio pubblico attivando lo strumento dei Tremonti bond per circa 4 miliardi di euro.
Arriviamo così ai giorni nostri. La crisi economica ancora imperversa. Le economie europee stentano a riprendersi, quella italiana su tutte.
I crediti deteriorati delle banche aumentano, gli utili diminuiscono o si azzerano e con essi aumentano vertiginosamente le politiche commerciali aggressive ed i sistemi incentivanti perversi che mirano al “tutto subito e ad ogni costo”.
Le casse degli Stati languono e ci si inventa quindi un modo per far sì che eventuali fallimenti bancari non ricadano sul sistema pubblico. Nasce il BAIL-IN. Da quel momento le conseguenze delle banche che falliscono ricadranno interamente sugli azionisti, sugli obbligazionisti subordinati e su chi detiene depositi oltre i 100 mila euro.
In Italia con il fallimento di Banca Etruria, Banca Marche, Cariferrara, e Carichieti si riversano sulle spalle di migliaia di risparmiatori (vittime più o meno inconsapevoli di quelle perverse azioni commerciali) circa 400 miliardi di obbligazioni subordinate.
Non solo, cambia anche il quadro normativo domestico ed europeo. Il Governo Renzi accelera la trasformazione delle Banche Popolari in SPA (quello che sta accadendo a Banca Popolare di Vicenza è cronaca quotidiana) e le leggi europee sul grado di patrimonializzazione delle banche inchioda gli istituti a fare i conti con i crediti inesigibili.
Piombiamo quindi nella stretta attualità con la nascita del Fondo Atlante, il fondo di investimento alternativo gestito da un SGR che, negli obiettivi, dovrebbe sostenere le banche italiane nelle operazioni di ricapitalizzazione.
Un fondo con una dotazione di circa 4 miliardi di euro sottoscritti interamente dal sistema bancario assicurativo italiano ma con un intervento rilevante di denaro pubblico attraverso Poste Vita controllata di Poste Italiane.
Questo Fondo dovrebbe, almeno negli intenti, riuscire a controllare e stabilizzare circa 200 miliardi di sofferenze del sistema bancario italiano. Un obiettivo forse troppo velleitario, tanto che lo stesso governatore della banca centrale europea Mario Draghi, non esclude, per il sistema italiano, il ritorno delle Banche di Interesse Nazionale (a capitale completamente pubblico) per salvare le banche che navigano in cattive acque.
Come un globale gioco dell’oca tutto torna quindi alla situazione di partenza: collettivizzazione delle perdite e privatizzazione degli utili.
In tutta questa storia, la C.r. Asti come si colloca?
Si colloca dignitosamente tra quelle banche commerciali che hanno saputo tenere il timone dritto nella navigazione di questo mare così agitato.
Ciò non vuol dire che la nostra Banca sia immune dai problemi che abbiamo citato e da tentazioni commerciali aggressive ed esasperanti che hanno portato alle storture di sistema che abbiamo descritto.
Ma semplicemente significa che il modello di banca finora perseguito (banca del territorio con radici profonde nel sistema economico locale e con un rapporto di fiducia “stretto” con i propri clienti) è risultato vincente. Tutto ciò è un “patrimonio” irrinunciabile che tutti, a partire dal management per arrivare a tutte le lavoratrici ed i lavoratori, devono saper preservare gelosamente.
Certo occorre saper “innovare”, porre in atto i necessari “cambiamenti”, ma questo senza stravolgere la natura del nostro modo di fare banca e senza cadere nella tentazione di accarezzare strategie commerciali a breve termine o innovazioni tecnologiche dettate più dalla “cultura del tempo” che dalle reali necessità di mercato.
Come Fisac Cgil non ci sottrarremo dal fare la nostra parte, ed è proprio per questo che abbiamo messo tutto il nostro miglior sapere nella realizzazione della piattaforma unitaria di rinnovo del Contratto Aziendale che da qui a qualche giorno andremo con forza a discutere a a sostenere con i rappresentanti della Direzione Aziendale.
Segreteria RSA Fisac C.R.Asti